Paris-aligned benchmark (PAB): lo standard del futuro?, a cura di Natixis Investment Managers
Un approccio ESG proiettato verso il futuro per intercettare più aziende all'avanguardia e una gamma più ampia di rischi
22/05/2023
Redazione MondoInstitutional
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Gli investitori intenzionati ad allineare i propri investimenti con l'obiettivo a lungo termine fissato dall'Accordo di Parigi hanno forse avvertito un certo smarrimento nel constatare la scarsa attenzione per il clima dei diversi approcci fin qui disponibili. A fare un po' di chiarezza sono arrivati i nuovi indici di riferimento UE allineati con l'accordo di Parigi (PAB).
Questi indici sono strutturati per riuscire a contenere il riscaldamento del pianeta entro 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali entro il 2050. Questo obiettivo viene enunciato chiaramente, diversamente da quanto avviene in altri approcci ESG che, pur proponendosi di ridurre le emissioni di anidride carbonica, non sempre fissano un obiettivo così specifico. Per essere efficace, l'applicazione dell'Accordo di Parigi deve guardare al futuro e selezionare società che si siano dotate di piani chiari e realizzabili per migliorare il proprio profilo ESG e mitigare efficacemente i cambiamenti climatici. Con i benchmark allineati con l'Accordo di Parigi, i gestori finanziari non solo possono selezionare imprese in grado di fare la differenza, ma anche stimolare queste e altre società a muoversi in quella direzione attraverso la selezione e l'engagement.

Gli indici di riferimento UE allineati con l'Accordo di Parigi entrano nel lessico finanziario
L'Accordo di Parigi, trattato internazionale vincolante in materia di cambiamenti climatici, fu adottato da 196 paesi in occasione della COP 21 nel dicembre 2015. Da allora, l'UE ha cercato di definire benchmark finanziari atti a garantire che l'accordo di Parigi possa tradursi in azioni concrete. Le strategie mirate alle basse emissioni di carbonio si sono moltiplicate in seguito alla COP 21 e, in genere, prevedono l'esclusione delle attività controverse e puntano a ottenere già in partenza una riduzione del 30/40% delle emissioni rispetto agli indici tradizionali. Era dunque legittimo attendersi che il peso crescente delle aspettative degli investitori e le strategie adottate dopo la COP 21 avrebbero indotto imprese di ogni tipo a impegnarsi a fondo per ridurre le emissioni di carbonio. Ma non è andata così, almeno per il momento: al contrario, tra il 2020 e oggi, le emissioni di carbonio delle società presenti nell'indice Bloomberg Developed Markets Large & Mid Cap sono addirittura aumentate.

Andamento della decarbonizzazione
(Intensità di gas serra in tCO2 equivalenti/milioni di dollari)

Fonte: Bloomberg, Ossiam. I rendimenti passati non sono indicativi dei risultati futuri.

Gli indici di riferimento UE allineati con l'accordo di Parigi (PAB) sono stati concepiti per favorire in modo più mirato ed efficace il raggiungimento degli obiettivi contemplati nell'accordo stesso. Varati nel 2019 dalla Commissione Europea, i PAB introducono l'obbligo di una riduzione minima del 50% dei gas a effetto serra (GHG) rispetto all'indice principale già al momento del lancio e di un'ulteriore riduzione del 7% delle emissioni in ogni anno successivo. Questa metodologia mira a tagliare il traguardo delle emissioni zero entro il 2050.
Inoltre i PAB devono rispettare il principio di non arrecare danni significativi (DNSH o Do Not Significant Harm) agli altri obiettivi previsti dalla Tassonomia UE, escludendo quindi le imprese che pregiudicano notevolmente almeno uno dei 6 obiettivi ambientali fissati dall'UE.

Indici proiettati verso il futuro e sostenuti dai dati
I PAB sono efficaci perché poggiano sui dati. Ossiam, società affiliata di Natixis Investment Managers, ha avviato una collaborazione con Bloomberg per lanciare l'approccio PAB, riconoscendo l'enorme patrimonio di dati societari di cui Bloomberg dispone e la sua capacità di elaborarli per generare veri vantaggi sul piano dell'informazione. È stato così definito un indice di riferimento che tiene conto di dati pubblicati e stime relativi a circa 50.000 imprese. “Volevamo lavorare con un'organizzazione indipendente che fosse in grado di passare al setaccio un gran numero di società, con particolare riguardo alle stime delle emissioni di carbonio delle società non soggette all'obbligo di informativa" dichiara Paul Lacroix, Head of Structuring di Ossiam.
Questo approccio ha il duplice vantaggio di definire un benchmark proiettato verso il futuro e supportato da dati scientifici. Le imprese fortemente inquinanti non vengono escluse automaticamente dal benchmark purché si impegnino formalmente a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050, “Da parte nostra, desideriamo stimolare le aziende a fissare obiettivi fondati su basi scientifiche". Tuttavia, laddove non riescano ad attenersi al piano o a ridurre le emissioni almeno del 7% in qualsiasi anno, saranno sostituite all'interno del benchmark. 

Una metodologia intelligente per un profilo ESG migliore
L'applicazione di una metodologia attenta permette di vincere le sfide insite nella valutazione della performance ESG. Le strategie PAB dovrebbero seguire il principio precauzionale definito dalle Nazioni Unite che invita a non sottostimare i dati relativi alle emissioni delle imprese. L'informativa sulle emissioni pubblicata da molte aziende non è completa, perciò i provider di indici sono costretti a fare delle stime in base ai valori medi del settore. In pratica, questa stima potrebbe essere migliore dell'effettivo profilo di emissione (in particolare per le aziende fortemente inquinanti), scoraggiando quindi in futuro dalla pubblicazione di dati che riportino le emissioni reali.
Per produrre le proprie stime, Bloomberg utilizza un modello di apprendimento automatico (machine learning) e, partendo da queste, crea un opportuno "cuscinetto" per i livelli di emissioni di carbonio, riuscendo così a rispettare il principio di precauzione. Grazie a questa metodologia, l'indice non presenta bias e le società sono incentivate a pubblicare le reali emissioni di carbonio.
Per verificare il rispetto del principio di non arrecare danni significativi (DNSH) agli altri obiettivi ambientali, oggi è possibile applicare analisi chiare e specifiche per settore. In effetti, il principio DNSH non è circoscritto a una serie di dati standard sulle attività controverse e richiede un livello di dettaglio molto maggiore. Il principio DNSH contribuisce a evitare un aspetto tipico del greenwashing: gli indici PAB escludono infatti le società che ottengono magari un punteggio alto su uno dei 6 obiettivi ambientali dell'EU e punteggi bassi sugli altri. Per esempio, gli investitori porrebbero considerare che inserire nel portafoglio i costruttori di veicoli elettrici possa servire a migliorare il profilo ESG e la strategia di contrasto ai cambiamenti climatici. Ma come valutare un costruttore che contribuisce a ridurre l'inquinamento nei centri cittadini, ma non interviene in modo efficace per riciclare le batterie o si procura il litio da miniere gestite in modo non etico? In base al principio DNSH, una società di questo tipo viene esclusa dall'indice. 
Lacroix sottolinea: "Bloomberg è particolarmente forte sotto questo aspetto: è in grado di costruire una mappa in cui riporta tutti i fattori e gli obiettivi ESG delle società presenti nell'indice. Molti data provider non riescono a gestire la mole e il livello di dettaglio dei dati necessari".
Proprio come è difficoltoso ottenere dati completi sulle emissioni di carbonio, anche l'applicazione del test DNSH si scontra con la mancanza di informativa da parte delle aziende. Oltre ad escludere le società che non superano il test DNSH, la soluzione Ossiam/Bloomberg aggiunge un secondo filtro: ai fini della ponderazione, considera anche il livello di conformità al principio DNSH, garantendo che l'impatto positivo dell'inidce PAB sia almeno equivalente a quello del benchmark.

Gli indici PAB si avviano ad essere "building block"
Gli indici così ottenuti sono cristallini sul piano del rispetto degli ideali dell'accordo di Parigi. Gli indici PAB rispettano tutte le regole previste e, soprattutto, non inseriscono criteri ESG aggiuntivi, suscettibili di confondere le acque e di falsare il percorso verso la meta del 2050. Oltre ad offrire risultati attesi chiari, gli indici PAB devono riuscire a fornire agli investitori gli strumenti per modificare le esposizioni quando lo ritengono necessario. A giudizio di Ossiam, gli indici PAB costituiscono per gli investitori i building block su cui basare le decisioni di allocazione. Ossiam ritiene inoltre che gli indici PAB debbano soddisfare le esigenze di allocazione anche in regioni di nicchia come Canada, Giappone e Asia/Pacifico ex Giappone.
Se gli investitori devono attenersi agli indici PAB per la componente core dei loro portafogli azionari, è anche importante che i PAB siano quanto più vicini possibile agli indici convenzionali in termini di tracking error. Ma occorre anche flessibilità. Le direttive per la definizione dei PAB sono dettagliate e, molto probabilmente, evolveranno man mano che i responsabili politici individueranno potenziali miglioramenti; quindi anche i provider degli indici devono essere capaci di evolvere. Per esempio, è probabile che, in futuro, l'UE comincerà ad occuparsi dell'inserimento della produzione di energia verde nel benchmark.
"Al momento, non ci sono ancora criteri per l'energia verde ed è prevedibile che l'UE continuerà ad aggiornare le proprie norme in quella direzione", osserva Lacroix. "Il quadro dei PAB è tutt'altro che immutabile, quindi i provider di indici devono essere sufficientemente flessibili da adattare le proprie metodologie".

Conclusione: quale futuro per i benchmark?
Gli indici di riferimento UE allineati con l'Accordo di Parigi sono relativamente nuovi, ma attirano già l'attenzione di un numero crescente di investitori. Questi investitori sono in cerca di rendimento, ma chiedono anche un approccio che risulti vantaggioso per gli altri portatori di interessi e che contribuisca in modo significativo a risolvere la crisi climatica. "Pensiamo che, nel tempo, i PAB diventeranno gli indici di riferimento per la maggior parte delle strategie", conclude Lacroix.

A cura di Paul Lacroix, Head of Structuring di Ossiam

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