Investire nelle energie rinnovabili, anche come strumento di copertura dai rischi di oscillazione dei prezzi, a cura di Finint Investments
Finint Investments è tra i principali asset manager italiani nel settore delle energie rinnovabili, con un track record di oltre 14 anni negli investimenti in impianti fotovoltaici, sei fondi dedicati e 700 milioni di euro di asset under management
11/04/2023
Redazione MondoInstitutional
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La necessità di un’alternativa alla dipendenza dal gas proveniente dalla Russia, ha riportato l’attenzione sul settore della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Non solo per beneficiare dei prezzi particolarmente elevati registrati nell’ultimo anno, ma anche come strumento di copertura dai rischi connessi all’oscillazione dei costi dell’energia, che ha avuto impatti devastanti sui bilanci degli operatori economici. A sostenerlo è Emanuele Prataviera, Executive Director e responsabile degli investimenti nel settore delle energie rinnovabili di Finint Investments che a MondoInstitutional racconta le opportunità che la società è in grado di offrire agli investitori.

Finint Investments è uno dei principali asset manager italiani nel settore delle energie rinnovabili. Che esperienza avete maturato in questa asset class?
Finint Investments è attiva in questo specifico segmento di mercato da oltre 14 anni, con un team di professionisti dedicato alla strutturazione e gestione diretta degli investimenti, effettuati sia acquisendo impianti operativi nel mercato secondario, sia sviluppando nuova capacità rinnovabile partendo da progetti greenfield, per rispondere alla domanda di investitori istituzionali, che volevano approcciare il settore attraverso uno strumento vigilato e gestito in modo istituzionale.
Attualmente gestiamo, attraverso sei fondi di investimento, oltre 250 MWp di impianti di generazione di energia elettrica da fonte rinnovabile e impianti destinati all’efficientamento energetico. Tra gli investimenti rientrano parchi fotovoltaici (sia a terra, sia su coperture), impianti idroelettrici, impianti di cogenerazione a gas/biomassa e impianti di illuminazione pubblica, per un valore pari a circa 700 milioni di euro di asset under management.

Quali sono le caratteristiche di questa asset class?
L’asset class si è dimostrata particolarmente attraente per investitori alla ricerca di flussi stabili nel tempo, con un orizzonte di investimento a medio / lungo termine ed un basso profilo di rischio.
Si tratta di investimenti che perseguono obiettivi di sostenibilità e rispettano criteri ESG (Environmental, Social and Governance) e che mirano non solo a creare valore aggiunto di lungo periodo di carattere economico, ma anche a contribuire alla transizione energetica. Dal 2021 inoltre, Finint Investments è diventata firmataria del PRI (Principles For Responsable Investments), ovvero la più grande organizzazione a livello mondiale - voluta dalle Nazioni Unite - per promuovere investimenti sostenibili all’interno del mondo finanziario.

Qual è stata l’evoluzione degli investimenti in impianti fotovoltaici nel tempo?
Undici anni fa, l’Italia aveva conquistato un record mondiale: nel 2011 si era piazzata al primo posto per nuova potenza fotovoltaica installata, oltre 9mila Mw. Venti volte più della Spagna, sei volte più della Francia, tre volte e mezzo la Cina.
Questo grazie alla promessa dello Stato di una tariffa incentivante ventennale ad integrazione del prezzo di mercato dell’energia elettrica.
All’epoca i costi per la realizzazione di un impianto fotovoltaico a terra della potenza di 1 MWp si aggiravano intorno ai 5 milioni di euro. Rapidamente, però, l’evoluzione tecnologica determinò una riduzione dei costi, mentre la tariffa rimase fissa, a differenza del mercato tedesco dove un algoritmo rimodulava l’incentivo in base al numero di richieste.
Molti investitori, intuita l’opportunità determinata dai costi in discesa dei pannelli, non esitarono a sviluppare impianti, anche a terra, portando l’Italia ai primi posti in termini di capacità installata.
Il Governo corse ai ripari per arginare gli effetti di una non puntuale attività di pianificazione, limitando prima l’accesso alle tariffe, fino ad arrivare alla sostanziale eliminazione degli incentivi per i grandi impianti a terra nel 2013. Il nostro Paese ha così accumulato un forte ritardo rispetto agli obiettivi europei di decarbonizzazione al 2030.
Negli anni i costi per la realizzazione di un impianto fotovoltaico si sono ridotti sensibilmente: oggi non sono più necessarie le tariffe incentivanti per sostenere l’investimento nel solare. I ricavi generati dalla sola vendita dell’energia prodotta sono in grado di remunerare adeguatamente l’investimento, anche prima dell’impennata del prezzo dell’energia dell’ultimo anno, che è passato dai 60 euro a megawattora prodotto del marzo 2021 agli oltre 500 euro registrati nel mese di agosto 2022.

Finint Investments ha di recente costituito un fondo dedicato ad investimenti nel settore fotovoltaico in market parity, ovvero impianti da fonte rinnovabile che non beneficiano di forme di incentivazione pubblica. A chi è destinato?
Nel 2022 abbiamo avviato un prodotto di investimento innovativo e flessibile, denominato “CSFS - Fund I”, dove il gruppo Canadian Solar Inc, uno dei principali operatori del settore fotovoltaico verticalmente integrato a livello mondiale e quotato al Nasdaq, è il nostro partner tecnico ed investitore delle quote "junior".
Il fondo sta costruendo 7 impianti in “market parity” localizzati tra Lazio, Sicilia e Sardegna, per una potenza complessiva di 125 MWp.
Le quote "senior" sono destinate ad investitori istituzionali, che vogliano investire in un settore strategico per il Paese, come quello della transizione energetica verso fonti sostenibili, in linea con i principi ESG ed un profilo di rischio contenuto, avendo diritto ad una distribuzione preferenziale dei proventi.

Chi sono i soggetti che hanno dimostrato interesse per i vostri prodotti nel settore delle energie rinnovabili?
Non solo gli investitori istituzionali come compagnie di assicurazione, fondi pensione e family office valutano di diversificare i propri investimenti in questa asset class: molti operatori economici nell’ultimo anno hanno preso consapevolezza del fatto che il prezzo dell’energia può essere un serio problema, in grado di compromettere la redditività di qualsivoglia attività economica e produttiva.
I costi dell’energia registrati nell’ultimo anno sono difficilmente sostenibili, tanto che molte imprese rischiano di perdere in competitività. Le più esposte ai rincari sono quelle che necessitano di un utilizzo massivo di gas ed elettricità per la produzione: le aziende metallurgiche, del vetro, della ceramica e del cemento, del legno e della carta, ad esempio.
Nei momenti di picco del prezzo dell’energia, molte aziende hanno limitato la produzione, consapevoli del fatto che avrebbero prodotto in perdita, rallentato i reparti più esposti al consumo energetico, e chiedendo ai dipendenti di lavorare nel weekend, quando i costi energetici sono inferiori. Quando non è stato possibile, le aziende sono state costrette a chiudere temporaneamente intere linee e ricorrere alla cassa integrazione.
Oggi queste aziende si stanno interrogando sulle modalità di copertura dalle oscillazioni del prezzo dell’energia. Una possibile risposta è la sottoscrizione di un Power Purchase Agreement (PPA) dove, attraverso un contratto di acquisto dell’energia, tra un soggetto produttore, che possiede l’impianto, e un soggetto acquirente (consumatore), viene prefissato il prezzo di acquisto dell’energia elettrica per un orizzonte temporale medio/lungo.
Come alternativa, stiamo proponendo una copertura indiretta, attraverso l’investimento in un prodotto finanziario: diamo la possibilità a soggetti c.d. “energivori” di investire in un fondo dedicato agli impianti di energia elettrica da fonti rinnovabili, che vende tale energia a condizioni di mercato, con l’obiettivo di distribuire i proventi maturati con cadenza semestrale.
Qualora il prezzo dell’energia dovesse salire, i maggiori costi di approvvigionamento a servizio dei cicli produttivi aziendali saranno compensati dai maggiori ricavi derivanti dalla vendita dell’energia prodotta dagli impianti di proprietà del fondo di investimento.

Quali opportunità vedete in questa asset class?
I dati ufficiali raccontano che l’aumento del costo dell’energia spiega direttamente o indirettamente circa il 60% dell’inflazione registrata nell’area dell’euro nel 2022.
Allocare parte dei propri investimenti in prodotto dove il rendimento è direttamente collegato all’andamento del prezzo dell’energia elettrica permette all’investitore di proteggersi dall’aumento dell’inflazione.
E non dimentichiamo che le aspettative parlano di una crescente domanda di energia elettrica, connessa alla forte diffusione che sta avendo la mobilità elettrica e ad una sempre maggiore elettrificazione che riguarda il mondo dei trasporti e molti altri settori.

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