Barometro dei mercati finanziari, previsioni di investimento, a cura di Pictet AM
Anche se la persistente ondata di vendite sui mercati azionari porta le valutazioni a livelli che non rispecchiano i fondamentali, per Pictet AM ci sono buone ragioni per continuare a sottopesare le azioni e le obbligazioni ad alto rendimento.
14/07/2022
Redazione MondoInstitutional
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Asset allocation: niente panico da recessione (per ora)
Il rischio di una recessione è in aumento, poiché le banche centrali hanno iniziato una stretta delle condizioni monetarie in gran parte del mondo. Questa situazione e il fatto che le valutazioni non siano ancora sufficientemente convenienti nonostante la brusca ondata di vendite di quest'anno ci spingono a mantenere il nostro sottopeso sulle azioni.
Per dirla tutta, ad eccezione delle materie prime, ogni genere di asset ha subìto pesanti perdite dall'inizio dell'anno, per lo più nello stesso ordine di grandezza (in genere, un calo di circa il 10-15%), rendendo eccezionalmente difficile per gli investitori evitare di essere travolti da questa risacca. Nei primi sei mesi dell'anno, un portafoglio composto in parti uguali da azioni e obbligazioni statunitensi ha perso di più che in qualsiasi periodo successivo alla Grande Depressione.
Le condizioni economiche, tuttavia, sono per il momento riuscite a rimanere resilienti, di conseguenza manteniamo una posizione complessivamente neutrale sulle obbligazioni: i nostri indicatori anticipatori di tendenza suggeriscono che quest'anno le banche centrali non porteranno le principali economie ad affrontare una recessione nel tentativo di controllare l'inflazione.
La domanda per i mercati ora sarà se le banche centrali ammorbidiranno le loro posizioni sugli aumenti dei tassi prima di avere completamente sotto controllo l'inflazione. Finora, sembrano essere decise a portare avanti la loro politica. Tuttavia, alcuni segnali indicano che l'inflazione ha raggiunto il picco, alleggerendo in parte la pressione a compiere mosse sempre più estreme e riducendo così il rischio di errori nella politica monetaria.
I nostri indicatori del ciclo economico suggeriscono che l'economia mondiale crescerà solo di un modesto 2,9% nel 2022. Nell'ambito di queste previsioni di ampio spettro, abbiamo rivisto al ribasso le nostre aspettative per l'economia dell'eurozona e australiana, rialzando al contempo quelle per i mercati emergenti, grazie a segnali di forza sia in India che in Russia. Particolarmente incoraggiante pare la ripresa nei Paesi emergenti dell'Asia, in parte grazie al risveglio della Cina.
Nonostante il marcato rallentamento dell'economia statunitense, riteniamo che il rischio di una recessione vera e propria per quest'anno sia sopravvalutato, sebbene le probabilità siano elevate per il 2023. I risparmi delle famiglie ammontano a 2.300 miliardi di dollari (circa il 12% del reddito) e, insieme a un mercato del lavoro solido e alla ripresa post-COVID, dovrebbero essere sufficienti a compensare la pressione sui consumatori dovuta all'aumento dei prezzi e dei tassi di interesse. Desta però preoccupazione la flessione nel settore delle abitazioni: l'attività edilizia è in calo di circa il 30% e i sondaggi suggeriscono che non è finita qui.
I nostri indicatori di liquidità mostrano che la stretta sulle condizioni monetarie continua al di fuori dell'Asia. I mercati finanziari stanno scontando un rialzo totale dei tassi di interesse da parte delle principali banche centrali di circa 200 punti base nei prossimi 12 mesi. Alcune banche centrali, inoltre, Bank of England in testa, sono pronte a lanciare una stretta quantitativa. Ciò significa che non solo lasceranno andare a scadenza le obbligazioni esistenti nei loro portafogli, ma che venderanno anche attivamente le loro partecipazioni. I nostri calcoli mostrano che le banche centrali stanno eliminando complessivamente circa 1.500 miliardi di dollari di liquidità a trimestre.
Questa stretta è parzialmente controbilanciata dalla People's Bank of China, impegnata in un allentamento su tutti i fronti, mentre la Bank of Japan si sta attenendo alla sua strategia di controllo della curva dei rendimenti che l'ha costretta ad aumentare gli acquisti di obbligazioni.
Dopo le pesanti perdite subite da bond e azioni, le valutazioni stanno iniziando a dare sporadici segnali di ripresa. Tali segnali non sono però ancora abbastanza forti da incoraggiare gli investitori a passare oltre i fondamentali. Tra le obbligazioni sovrane, sembrano essere particolarmente interessanti i gilt britannici. L'ampliamento degli spread e i forti cali rendono più invitante anche il credito high yield statunitense e investment grade europeo. D'altro canto, le obbligazioni indicizzate sono ancora costose: gli investitori pagano un premio ingente per la protezione dall'inflazione.
I nostri indicatori tecnici mostrano che i segnali di tendenza sono negativi per le azioni e ancora di più per le obbligazioni. Tuttavia, i trend stagionali dovrebbero rivelarsi favorevoli per le obbligazioni nei prossimi due mesi. Gli indicatori del sentiment restano bassi, ma non segnalano più una condizione di panico: la propensione al rischio sembra aver toccato il minimo per il momento e gli investitori stanno iniziando a ridurre la loro liquidità e le loro posizioni difensive. Allo stesso tempo, i futures sullo S&P 500 si sono portati in posizione corta netta per la prima volta dal 2016.

Regioni e settori azionari: più convenienti, ma non ancora abbastanza
Man mano che l'indice S&P 500 scivola verso un mercato al ribasso, il mercato azionario si sta avvicinando al suo fair value. Le valutazioni non sono però ancora abbastanza convenienti per portare gli investitori a ignorare i fondamentali e le minacce che le aziende si trovano ad affrontare. I rischi continuano a essere orientati verso un ribasso, soprattutto per quanto riguarda la crescita degli utili USA. Detto questo, un calo dell'inflazione più rapido del previsto potrebbe innescare un rimbalzo dei rapporti prezzo/utili delle azioni statunitensi. Le azioni statunitensi hanno subìto un brusco declassamento. Mentre i rapporti prezzo/utili a termine a 12 mesi delle azioni mondiali sono scesi di oltre il 30% da settembre 2020, il rapporto dei titoli statunitensi è sceso di circa il 30% al di sotto della tendenza a lungo termine; si tratta della contrazione più forte dal 1974. Supponendo che l'inflazione abbia raggiunto il picco massimo, i nostri modelli suggeriscono che i multipli si espanderanno di circa il 5-10% nei prossimi 12 mesi. A conti fatti, tenuto conto dei multipli esistenti e delle prospettive di utile, continuiamo a sottopesare le azioni statunitensi.
Abbiamo inoltre portato a sottopeso le azioni dell'eurozona: la regione è quella più a rischio di recessione, in quanto la stretta energetica causata dalle sanzioni alla Russia attraversa l'intera economia. Allo stesso tempo, la Banca Centrale Europea è indietro per quanto riguarda la stretta monetaria e potrebbe trovarsi costretta a recuperare se le pressioni inflazionistiche non dovessero diminuire. Anche se le valutazioni dei titoli europei sono interessanti, non hanno ancora raggiunto livelli tali da compensare sufficientemente i rischi degli investitori.
Abbiamo portato le azioni cinesi a sovrappeso in risposta al forte rimbalzo dell'economia successivo all'allentamento delle restrizioni legate al COVID, responsabili della contrazione economica durante il secondo trimestre. Le condizioni monetarie sono favorevoli e le valutazioni rimangono interessanti nonostante il rally del mercato. Sembra, inoltre, diminuire l'incertezza legata alla regolamentazione del settore tecnologico. Abbiamo portato a sovrappeso anche le azioni giapponesi sulla base del miglioramento della situazione economica, del calo dei rischi di inflazione e dell'ottimismo dei consumatori, maggiore che altrove. In Giappone, la politica monetaria continua a supportare il mercato. Allo stesso tempo, dopo le pesanti perdite di quest'anno lo yen è estremamente conveniente e rende le azioni giapponesi ancora più interessanti per gli acquirenti esteri.
Tra i settori, continuiamo a riporre la nostra preferenza sul comparto salute (solidamente difensivo) e abbiamo rivisto al rialzo il settore dei servizi di pubblica utilità per le stesse ragioni. Allo stesso tempo, tuttavia, manteniamo la nostra posizione positiva sulle materie prime, che potrebbero beneficiare di quello che consideriamo un miglioramento delle prospettive economiche della Cina.

Reddito fisso e valute: prudenza sull’Europa
Grazie alla recente battuta d'arresto, le valutazioni obbligazionarie sembrano essere sempre più interessanti. Sebbene i rischi persistano, riteniamo che vi siano alcune aree nel mercato del reddito fisso nelle quali il rapporto rischio/rendimento appare interessante.
Una di queste è il debito governativo statunitense. I nostri modelli di liquidità suggeriscono che la Fed ha ormai percorso il 60-65% del suo ciclo di stretta. L'inflazione core sembra aver raggiunto il picco, favorita dal rafforzamento del dollaro USA, mentre le aspettative del mercato sui tassi di interesse paiono eccessive (picco dei Fed fund prezzato vicino al 3,5%, mentre la nostra previsione è del 3%). Il nostro fair value per il rendimento dei Treasury a 10 anni è del 2,8%, rispetto al livello di fine giugno del 3%. Manteniamo pertanto una posizione di sovrappeso sui Treasury USA.
Al confronto, le prospettive per il debito sovrano europeo paiono fiacche. La BCE rischia di trovarsi in ritardo nella sua battaglia contro l'inflazione. Gli indicatori inflazionistici risultano molto più forti nell'eurozona rispetto ad altri Paesi (si veda la Fig. 4) mentre gli effetti secondari dell'aumento dei prezzi si manifestano ora nei salari e nelle richieste salariali. Ulteriori rischi giungono dalla guerra in Ucraina e dall'incertezza sulle forniture energetiche nella regione. Tenendo conto di tutto ciò, abbiamo scelto di ridurre a sottopeso le obbligazioni governative dell'eurozona.
Manteniamo, inoltre, la nostra previsione al ribasso per le obbligazioni societarie nei mercati sviluppati. La prospettiva di un'ulteriore stretta monetaria e di altri tagli alle previsioni sugli utili societari non è di buon auspicio. Gli spread, nel frattempo, non sono troppo elevati e potrebbero ampliarsi ulteriormente in caso di aumento dei rischi di recessione. Tuttavia, riconosciamo che la maggiore ondata di vendite degli ultimi decenni ha reso più interessanti le valutazioni.
Tra le valute, ribadiamo la nostra opinione che il dollaro si stia avvicinando a quello che consideriamo il picco della sua valutazione. Tuttavia, il prerequisito fondamentale per una svolta del valore del dollaro (vale a dire l'allentamento delle pressioni inflazionistiche negli Stati Uniti) non si è ancora completamente concretizzato.
Continuiamo a dare la nostra preferenza ad asset difensivi come l'oro e il franco svizzero, che si sono ulteriormente apprezzati dopo un aumento sorprendente dei tassi di riferimento da 50 punti base in Svizzera.
Sovrappesiamo anche lo yen, classificato come estremamente conveniente nel nostro modello di valutazione. La valuta dovrebbe inoltre beneficiare delle prospettive economiche positive del Giappone. Le spese in conto capitale e il settore del turismo sono robusti, i consumatori sono più ottimisti che altrove e l'inflazione è in aumento ma ancora a un livello molto basso.
Con la recessione nel Regno Unito ormai in gran parte scontata e in seguito al calo dell'11% della sterlina dall'inizio dell'anno, abbiamo interrotto il nostro sottopeso sulla valuta britannica.

Panoramica sui mercati globali: ancora perdite
Giugno è stato un altro mese difficile per i mercati globali.
Tutti i principali mercati azionari e tutti i settori hanno chiuso in rosso. Nel complesso, le azioni globali sono scese di circa il 6% in valuta locale. Quest'ultimo calo significa che nella prima metà dell'anno sono stati cancellati i guadagni del 2021.
I titoli statunitensi sono stati tra i fanalini di coda, poiché l'indice S&P 500 ha chiuso il suo peggior primo semestre dal 1970. Nel frattempo, le posizioni in futures sull'indice sono passate a corte per la prima volta dal 2016.
Con l'aumento dei tassi di 75 punti base da parte della Fed nel mese di giugno (il maggiore degli ultimi tre decenni), gli investitori hanno ricevuto una chiara dimostrazione di come l'attenzione dei policymaker sia al momento rivolta principalmente alla lotta all'inflazione, anche se ciò significa una crescita economica più debole.
Male sono andate anche le azioni europee a causa della vicinanza geografica e degli stretti legami economici della regione con Russia e Ucraina.
Le perdite nei mercati azionari dei Paesi emergenti dell'Asia e del Giappone sono state inferiori grazie alle prospettive economiche relativamente più forti, all'inflazione più bassa e alla fine dei lockdown dovuti al COVID in Cina.
Tra i vari settori, i titoli energetici e delle materie prime hanno perso circa l'11% in valuta locale, interrompendo il trend di sovraperformance. Le flessioni hanno rispecchiato i timori sulla tenuta della domanda in un periodo di indebolimento della crescita economica.
I titoli sanitari e dei beni di consumo di base, tradizionalmente difensivi, hanno registrato la performance migliore, pur essendo stati comunque soggetti a perdite.
Difensiva anche l'inclinazione sui mercati del reddito fisso, con le classi di attivi più rischiose che hanno sottoperformato. Penalizzate dai timori di possibili insolvenze, le obbligazioni high yield europee e statunitensi hanno entrambe perso circa il 6%. Hanno sofferto anche i titoli di Stato dei mercati emergenti.Nel mese di giugno, i rendimenti sul benchmark, ovvero il Treasury USA a 10 anni, hanno raggiunto il picco intorno al 3,5%, prima di scendere, chiudendo il mese al 3% (si veda la Fig. 5).
La previsione di rialzo dei tassi da parte della Fed ha risollevato il dollaro, che si è apprezzato del 3% rispetto al paniere delle valute.

Il documento integrale, con le relative figure, è disponibile cliccando qui.
L'approfondimento è disponibile anche sul sito web di Pictet AM cliccando qui.

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